mercoledì 23 dicembre 2009

Stella del Mattino – Wu Ming 4

‘Dove si poteva andare dopo un cataclisma come quello? Alla fine della lunga notte sarebbe sorta una stella del mattino a indicare la via?’

‘Salve, Lucifero, messaggero dell’alba, e torna presto come Vespro, per riportare in segreto colei che ora mi rubi’ – Meleagro di Gadara

‘Nella Seconda Lettera di San Pietro apostolo si definisce la parusia come il giorno in cui la stella del mattino si leverà nei nostri cuori.’

Invocazione alla stella del mattino del Crist di Beowulf: ‘Salve, Earendel, il più luminoso degli angeli, mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo’

‘Chi è Earendel?’ [...]
‘Per gli antichi sassoni è una personificazione della stella del vespro e del mattino. Per i Cristiani simboleggia il ritorno del Salvatore’

Wu Ming (per esteso: Wu Ming Foundation) è il nome d'arte usato da un collettivo di scrittori formatosi nella sezione bolognese del Luther Blissett Project (1994-1999).
In cinese mandarino "wu ming" significa "senza nome" oppure "cinque nomi" a seconda di come viene pronunciata la prima sillaba. "Wu Ming" è un modo di firmarsi frequente presso i cittadini cinesi che chiedono democrazia e libertà di parola.
A questa scelta si lega anche la particolare posizione degli autori in ordine al diritto d'autore: tutte le opere di Wu Ming sono infatti pubblicate sotto licenza Creative Commons e dal sito ufficiale del gruppo è possibile scaricare i testi anche integrali in qualunque formato ed a scopi non commerciali.
"Wu Ming" è anche un riferimento al terzo verso del Dàodéjīng (Tao Te Ching): "Senza nome è l'origine del cielo e della terra".
Il fatto che il gruppo si chiami "Senza nome" ha spesso generato equivoci sul presunto anonimato dei suoi membri, i cui nomi anagrafici sono invece noti, scritti anche sul sito ufficiale:
• Roberto Bui (Wu Ming 1)
• Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2)
• Luca Di Meo (Wu Ming 3)
• Federico Guglielmi (Wu Ming 4)
• Riccardo Pedrini (Wu Ming 5).
Gli scrittori hanno una produzione solista e una produzione collettiva.
Stella del Mattino è frutto del lavoro solista di Wu Ming 4.
La vicenda si svolge a Oxford tra il 1919 e il 1920 ma, attraverso i flash-back relativi ai ricordi di guerra e non, dei protagonisti, viviamo alcuni momenti della loro esperienza al fronte durante la I Guerra Mondiale e della loro vita prima della guerra. L’ambientazione oscilla continuamente tra una piovosa e nevosa Oxford, l’abbagliante e desolato deserto della penisola araba e il fronte.
Il romanzo è suddiviso in tre parti. La prima, Parnasus, Autunno 1919, prende il nome della collina di Boar’s Hill, detta il Parnaso, appunto, abitata da poeti e letterati. La seconda, El Urens, Inverno 1920, si riferisce a Lawrence, il cui nome storpiato viene appunto pronunciato Urens dai locali arabi. Per la terza è stato scelto il nome del Diavolo usato dai pellegrini in viaggio verso la Mecca, Iblis. Iblis è anche uno dei molti nomi di T.E.Lawrence, quello che ne esprime meglio il lato oscuro. La quarta parte, Earendel, Autunno 1920, prende il nome dalla stella del mattino.
Il romanzo prende le mosse dalla figura di T. E. Lawrence, il leggendario ‘Lawrence d’Arabia’, Lord Dinamite, che torna a Oxford, dove il suo mentore Hogarth gli impone come borsa di studio di riscrivere il memoriale andato perduto delle sue imprese durante la rivolta araba contro i turchi di cui fu artefice. La sua opera diverrà famosa col nome di The Seven Pillars.
Lawrence, Ned per gli amici o semplicemente T.E., viene descritto come un irlandese dal corpo piccolo e nervoso, il viso magro dagli occhi azzurri, i capelli biondo paglierino, appartenente ad una famiglia numerosa. T.E., prima di divenire Lawrence d’Arabia, è un archeologo appassionato d’Oriente che il suo professore di Oxford Hogarth invia in Palestina e Libano a visitare le fortezze costiere nella primavera del 1919 (un archeologo prestato alla guerra, dice di sè in un’intervista).
Durante la stesura del suo romanzo, Lawrence si trova costretto a scandagliare a fondo il suo animo tormentato e ambiguo e fare i conti col suo lato oscuro, la sua inadeguatezza, la sua delusione per le speranze tradite degli arabi. Lawrence soffre per il tradimento degli alleati arabi ad opera del governo inglese, il cedimento al ricatto francese e si sente a sua volta raggirato dal governo inglese che, dopo averlo spinto ad impegnare la sua parola con Feisal, lo ha scaricato. Durante il suo soggiorno a Oxford , Lawrence conosce, frequenta e condiziona le vite di tre grandi della letteratura inglese, che all’epoca dei fatti narrati sono tre ragazzi ventenni che ancora non sono riusciti ad elaborare l’esperienza traumatica della guerra: Robert Graves, uno dei più importanti poeti della Great War, autore di I, Claudius e Claudius the God, C.S.Lewis, autore delle Cronache di Narnia, e J.R.R.Tolkien, autore de Il Signore degli Anelli, tra gli altri.
Robert Graves, poeta, sposato con Nancy, dalla quale ha una figlia piccola e un secondo figlio in arrivo, soffre di disturbo da stress post-traumatico: incubi notturni ricorrenti e attacchi di panico. Mentre Nancy rifiuta anche solo di ricordare la guerra ed è proiettata verso il futuro e la normalità, Graves ha evidentemente necessità di più tempo per elaborare l’esperienza e per metterla a fuoco usa proprio i suoi versi. E’ grazie a Graves che Lawrence riesce a finire di scrivere il suo libro.
Clive Staples Lewis, per gli amici Jack, irlandese, ventunenne studente di Lettere Classiche, in guerra perde l’amico Paddy al quale prima di morire promette di prendersi cura della madre, Janie Moore, una quarantenne separata dal marito. Dopo averlo accudito in ospedale, Janie intrattiene con Jack una relazione ambigua. Grazie all’incontro con Lawrence, Jack uscirà allo scoperto, andando a vivere con Janie.
John Ronald Reuel Tolkien, l’infanzia in Sudafrica, poi Birmingham e gli studi a Oxford, dopo aver prestato servizio nei Lancashire Fusiliers durante la I Guerra Mondiale, da esperto filologo lavora come compilatore all’Oxford English Dictionary. Una sera, passando al museo per vedere una collezione di anelli come è solito fare quotidianamente, conosce T.E.Lawrence appena tornato a Oxford. J.R.R.Tolkien è sposato con Edith Mary, da cui ha un figlio, John. Per elaborare l’esperienza della guerra, a causa della quale ancora soffre di allucinazioni, inizia a usare il linguaggio, di cui è profondo conoscitore, per costruire un mondo fatato frutto della sua fantasia, facendo dei mostri che popolano i suoi ricordi, creature fiabesche. Si tratta di una fuga nell’altrove e in altro tempo allo scopo di sopportare un presente fatto di disincanto e ralismo, frutto, non solo del naturale passaggio dalla fanciullezza all’età adulta, ma soprattutto di una nuova consapevolezza acquisita al fronte.
Premetto che non sono una conoscitrice nè della figura storica di T.E.Lawrence, nè della rivolta araba, nè delle precedenti opere di Wu Ming 4 o del collettivo. Per quanto lo consentano le mie conoscenze, posso affermare che il personaggio di Lawrence d’Arabia, indagato sia come uomo sia come personaggio storico, mostra tutta la sua complessità e controversia dovuta alla posizione che assunse durante la rivolta araba e una volta tornato in patria. E’ interessante anche come l’autore ha voluto sottolineare come e quanto la guerra abbia influenzato la vita a le opere dei tre grandi della letteratura inglese, Graves, Tolkien e Lewis. Graves ha fatto della guerra un tema ricorrente nelle sue poesie, Tolkien ha esorcizzato i suoi ricordi rifugiandosi in un mondo fantastico, Lewis, come Tolkien si è dato ai miti nordici. Le prime cento pagine del romanzo richiedono una certa concentrazione per inquadrare luoghi, tempi e personaggi, senza tuttavia risultare faticose, anche se la lettura sarebbe certo agevolata se si conoscessero le biografie e le opere dei quattro personaggi principali del romanzo.


Nota Storica: La Rivolta Araba (1916-1918) [fonte:Wikipedia]
Nel 1916, quando la prima guerra mondiale era in pieno svolgimento, si svolgeva quella che verrà definita nell'area orientale la rivolta araba. Sul fronte africano il Regno Unito tentava di tenere testa e porre un freno alle forze dell'Impero ottomano. In questo contesto, a Londra sembrò cosa utile cercare di sfruttare il malcontento di una parte degli Arabi nei confronti degli Ottomani. La Rivolta Araba fu avviata dallo Sceriffo di Mecca al-Husayn ibn ‘Alī dopo la promessa che gli Alleati avrebbero procurato la completa indipendenza degli arabi dal giogo turco-ottomano qualora gli arabi avessero combattuto contro Istanbul nel Primo conflitto mondiale. In realtà Gran Bretagna e Francia erano intenzionate a spartirsi i domini ottomani una volta che Istanbul e gli Imperi Centrali fossero stati sconfitti. Le forze arabe furono affidate al comando dei figli dello Sceriffo di Mecca, Abd Allāh e Faysal. Il governo britannico in Egitto immediatamente distaccò un giovane ufficiale perché lavorasse con gli Arabi. Quest'uomo era il Capitano T.E. Lawrence. Il maggior contributo di Lawrence alla Rivolta fu quello di convincere i capi arabi (Faysal e Abd Allāh) a coordinare i loro sforzi per sostenere la strategia britannica. Lawrence conseguì la prima importante vittoria il 6 luglio 1917 con la conquista del porto di Aqaba, sul Mar Rosso. Da quel momento, preso il comando del contingente arabo con i gradi di tenente colonnello, e ormai diventato Lawrence d'Arabia, si unì al generale Edmund Henry Hynman Allenby, capo delle forze britanniche in Medio Oriente, giungendo 1919 a Damasco. La vittoriosa campagna di Palestina non porterà però agli uomini di Lawrence e Faysal la tanto sospirata unificazione in nazione araba. Infatti, con gli accordi Sikes-Picot, rispettivamente funzionario inglese e funzionario francese, Francia e Gran Bretagna attribuiranno così i territori conquistati: Libano e Siria, staccati dalle nazioni arabe, verranno posti sotto Mandato francese; la Palestina, la Transgiordania e l'Iraq, sotto Mandato britannico, con l'inizio della colonizzazione del territorio. Agli Arabi toccherà soltanto la penisola arabica, cioè il deserto. Nessun porto sul Mediterraneo nè città di una qualche rilevanza. Deluso dagli eventi post-bellici, dimette dalla carica di consigliere politico degli Affari Arabi giungendo a rifiutare la carica di viceré delle Indie; rifiuta anche la prestigiosa Victoria Cross (per le sue brillanti azioni militari) proprio mentre Sua Maestà stava per consegnargliela, lasciando lo sbigottito sovrano Giorgio V del Regno Unito letteralmente "con la scatola in mano".

www.robertgraves.org
www.wumingfoundation.com

mercoledì 16 dicembre 2009

Scorre la Senna – Fred Vargas

Così se la gente non facesse tante storie con il Natale, ci sarebbero meno tragedie. È delusa, la gente, per forza. E questo scatena dei drammi. Solo in ufficio, Adamsberg scarabocchiava. [...] Era il 24 dicembre, una sera speciale, tutti gli altri erano fuori. Si accingevano a festeggiare l’entrata in scena dell’inverno. Alcuni non se la sarebbero persa per nulla al mondo e i più non erano riusciti a sottrarsi. Per Jean Baptiste Adamsberg era diverso: temeva il Natale e si teneva pronto. Natale e la sua sfilza di incidenti. Natale e la sua legione di drammi. Natale, la notte efferata. [...]
La donna grassa volò al di sopra del parapetto del ponte National fino alle acque nere della Senna. Il fiume scorreva veloce, spinto da un vento gelido. Nessuno per strada, nessuno che fosse lì a vedere. Bar chiusi, taxi assenti, città deserta. Il Natale è una festa domestica, interna. [...] Il Natale getta l'obbrobrio su chi è solo.

Dopo aver diffusamente parlato della saga di Jean-Baptiste Adamsberg e degli evangelisti nei post relativi rispettivamente a Nei Boschi Eterni e a Un po’ più in là sulla destra , passiamo all’ultimo libro di Fred Vargas pubblicato, Scorre la Senna.
Si tratta di una raccolta di tre racconti scritti tra il 1999 e il 2000 e precedentemente pubblicati singolarmente su quotidiani e riviste francesi prima di essere raccolti in un’unica edizione in Francia:
- Salute e Libertà Salut et liberté - prima pubblicazione sul quotidiano 'Le Monde', 1999
- La notte efferata La Nuit des brutes - prima pubblicazione nella raccolta di autori vari ‘Contes noirs de fin de siècle’, 1999
- Cinque franchi l’una Cinq francs pièce - prima pubblicazione nella raccolta di autori vari ‘Des mots pour la vie’, 2000

In Italia Scorre la Senna è stato pubblicato in occasione delle festività natalizie e come anticipazione del prossimo romanzo di Fred Vargas che sarà pubblicato nel 2010.
Nei tre racconti torna lo spalatore di nuvole Jean-Baptiste Adamsberg con il suo vice Adrien Danglard ed i loro contrapposti metodi di investigazione, l’uno intuitivo e contorto, l’altro razionale, analitico e puntuale. In tutti e tre i racconti Adamsberg si ritrova ad indagare sugli omicidi di tre donne.
In Salute e Libertà non c’è un caso a cui Asdamsberg viene affidato ma è Adamsberg a capire che qualcosa di anomalo e strano sta accadendo e che un pericolo incombe. E’ proprio grazie alle elocubrazioni del commissario che un caso di morte che stava per essere archiviato senza destare particolari sospetti viene invece identificato come omicidio e prontamente risolto. Il la viene dato da una classica lettera anonima realizzata con lettere di giornale ritagliate e dall’apparizione di un barbone filosofo appostato con il suo ciarpame sulla panchina di fronte al commissariato.
In La Notte Efferata il commissario si ritrova a indagare su un caso di omicidio commesso la notte di Natale, la notte efferata appunto, fornendoci una visione non convenzionale della festività. La vicenda si snoda dal ritrovamento del corpo di una grassa donna sotto il ponte dell’Archève il 27 Dicembre.
Cinque Franchi l’Una è il prezzo a cui viene venduta ogni singola spugna naturale che Toussant Pi trasporta nel suo carrello Martin per le strade di Parigi. Il venditore di spugne, testimone involontario dell’omicidio di una importante e altolocata donna in pelliccia bianca, dà del filo da torcere ad Adamsberg, che si ritrova a dar fondo a tutta la sua inventiva per farlo collaborare.
L’ambientazione dei tre racconti è parigina ma si tratta della Parigi dei poveri e degli emarginati.
I racconti sono illustrati da alcune tavole in bianco e nero di Edmond Baudoin, illustratore anche dell'unica graphic novel scritta da Vargas, Les quatre fleuves.
Sebbene i racconti occupino una novantina di pagine in tutto, Fred Vargas riesce con effetto a narrare tre gialli avvincenti e a caratterizzare i personaggi tanto quanto nei romanzi più lunghi cui ci ha abituati.
Nel complesso Scorre la Senna è un piccolo lusso, visto il rapporto prezzo/numero di pagine, in perfetto contesto natalizio.

martedì 15 dicembre 2009

Nei Boschi Eterni – Fred Vargas

Nei Boschi Eterni – Fred Vargas

– Anche tu hai visto l’Ombra.
– Non l’ho vista, ci ho solo pensato. E’ come un velo, una nube scura [...]
...un’idea cupa. Che non mi è ancora uscita dalla testa, che è ancora dentro.
– Come le corna del cervo prima che spuntino.


Come raccontavo nel post relativo a Un po’ più in là sulla destra, ho acquistato Nei Boschi Eterni a completamento della bibliografia di Fred Vargas.
I romanzi della Vargas possono essere sommariamente suddivisi in due filoni, che talvolta si intrecciano: quello del commissario Jean-Baptiste Adamsberg e la saga degli Evangelisti. Nei Boschi Eterni insieme a L’uomo dei cerchi azzurri, L’uomo a rovescio, Parti in fretta e non tornare, Sotto i venti di Nettuno e Un Luogo Incerto, appartiene al primo filone.
Ne approfitto per spiegare che la casa editrice Einaudi, che li pubblica, forse sottovalutando il successo che avrebbe avuto la Vargas anche in Italia, purtroppo non ha pubblicato le sue opere rispettando l’ordine di scrittura e di pubblicazione originale. Nei Boschi Eterni è del 2006, in Italia Einaudi l’ha pubblicato per la prima volta nel 2007 e poi nel 2008. Si tratta dunque di un’opera recente di Fred Vargas, che è un po’ come il vino, migliora invecchiando.
Una piccola nota sul titolo: l’originale è Dans le bois éternels. Bois è un esempio di polisemia della lingua francese. E’ stato tradotto come boschi ma può anche significare legno – e al plurale legni nel senso di strumenti d’orchestra – e corna di cervidi. Fred Vargas ha evidentemente voluto giocare sulla molteplicità di siginificati del termine bois, che in tutte e tre le sue accezioni ha comunque senso per il romanzo.
I fatti descritti in Nei Boschi Eterni cronologicamente si collocano prima di quelli narrati in Un Luogo Incerto.
Veniamo ora ai personaggi del romanzo che valgono da soli l’intera opera, e partiamo dal protagonista, Jean-Baptiste Adamsberg. Adamsberg è commissario di polizia all’Anticrimine di Parigi. Nato sui Pirenei, nella valle del Gave, è un montanaro piccolo e bruno, dal corpo solido e nervoso e dalla calmante voce bassa. I suoi abiti sono sempre gualciti, come stropicciato è il suo volto. E’ una persona lenta, flemmatica, riflessiva, persa nei suoi pensieri, lunatica e malinconica, apparentemente calma, quasi distaccata. Per queste ragioni ci si riferisce a lui come allo ‘spalatore di nuvole’, in ricordo dell’episodio ambientato in Québec e narrato nel romanzo Sotto i venti di Nettuno.
Adamsberg risolve puntualmente i casi ma con un metodo tutto suo che rispecchia il suo modo d’essere. Adamsberg non utilizza cioè un metodo di investigazione analitico e puntuale, come invece fa il suo collega e alter ego, il Comandante Adrien Danglard, ma brancola nel buio finchè viene folgorato dalla giusta intuizione, che magari sopraggiunge durante una delle sue passeggiate a scopo riflessivo. Il comandante Adrien Danglard è il più vecchio collaboratore di Adamsberg, un uomo dal corpo molle, come afflosciato su se stesso, e dalle spalle spioventi. Abbandonato dalla moglie, cresce da solo cinque figli. Danglard non tollera le domande senza risposte, che lo fanno sentire impotente e ansioso e che lo portano a cercare conforto nel vino bianco, nè le incertezze o imprecisioni. Ama la disciplina e il rigore ma, cosa strana per un comandante dell’Anticrimine, non sopporta la vista del sangue nè dei defunti, davanti ai quali si sente mancare. Accanito lettore, ha un’immensa erudizione, sorretta da un’ottima memoria. A lui Adamsberg si rivolge per sciogliere qualsiasi dubbio o domanda, come faremmo noi consultando un’enciclopedia. Danglard è segretamente innamorato dell’imponente tenente Violette Retancourt, 35 anni, un metro e settantanove per centodieci chili, con la peculiarità di saper traformare l’energia a proprio piacimento: ora forza, ora agilità, ora destrezza.
Adamsberg non è un eroe, non è bello, nè troppo simpatico ma è piuttosto caratterizzato in modo da essere estremamente reale. Da 15 anni ha un rapporto tormentato con Camille Forestier, il suo ‘tesorino’, una ragazza bruna, con i capelli dritti e neri, tagliati a caschetto, il naso diritto, il collo delicato, l’incarnato puro. Musicista e compositrice, Camille al bisogno diventa meccanico e camionista e da Adamsberg ha un figlio di 9 mesi, Thomas. Adamsberg ha sempre lasciato andare Camille, per la quale non si è mai sentito pronto, nella convinzione che la volta successiva sarebbe stata quella definitiva. In questo romanzo, dopo la nascita di Thomas, il loro rapporto è di amicizia. Camille e Adamsberg perciò non convivono; Camille abita con Thomas in un appartamento in centro a Parigi, sotto copertura, sorvegliata dal poliziotto Louis Veyrenc de Bihlc, detto il Nuovo, al riparo dalla potenziale vendetta di un assassino. Il Nuovo è un poliziotto di 43 anni, moro ma con delle chiazze di capelli rossi, risultato di un’aggressione subita da bambino, relativamente bello e malinconico. Come Adamsberg è nativo dei Pirenei, cosa che ne fa un suo rivale. Una singolare manìa lo caratterizza: spesso si esprime in versi, eredità di sua nonna che recitava continuamente Racine. Mentre Camille vive a Parigi, Adamsberg ha appena acquistato per sè, Camille e Thomas , una casa fuori città, che, secondo il vicino di casa Lucio Velasco Paz, è abitata sal fantasma di Santa Clarissa, una donna del convento delle Mouettes, un ordine muto. Al fantasma di Santa Clarissa, che aveva sgozzato sette anziane donne cui aveva promesso il paradiso ma che il figlio dell’ottava uccise nel 1771, vengono attribuite le morti di tutte le donne anziane che negli anni successivi alla sua morte abitarono la casa.
Adamsberg ha diverse particolarità: riesce a far addormentare chiunque con la sola imposizione della mano sul capo, ama disegnare e spesso i suoi schizzi accompagnano le sue rilfessioni, indossa sempre due orologi d’oro, il suo e uno regalatogli da Camille, uno sul fuso corretto, l’altro su quello americano. Inoltre spesso si addormenta in piedi o seduto, in qualsiasi luogo o momento, senza cadere. Il sonno con i momenti di estraneazione e ottundimento cui è solito sono per Adamsberg una sorta di uscita di sicurezza verso un luogo della mente da dove condurre con successo le indagini. Adamsberg talvolta fa visita a Clementine Courbet, l’anziana donna che in Parti in Fretta e non tornare cerca di diffondere la peste in Parigi e che vive con Josette, una bizzarra vecchietta dall’aria fragile che da quando aveva 65 anni fa l’ hacker.
In questo romanzo il filone Adamsberg per due volte incrocia la saga degli Evangelisti. Adamsberg infatti si avvale della collaborazione di uno degli Evangelisti, Mathias Delamarre. Il preistorico, a malapena vestito, i capelli lunghi fino alle spalle, uno spago come cintura, aiuta Adamsberg a scoprire il segreto di una tomba al cimitero parigino di Montrouge e successivamente gli fornisce una seconda consulenza riguardo ad una tomba al cimitero di Opportune-la-Haute in Normandia.
Un tema ricorrente percorre l’intero romanzo: l’Ombra. Nei Boschi Eterni infatti si apre con il fantasma dalla faccia di noce, Santa Clarissa, che si aggira per la soffitta della nuova casa di Adamsberg, quindi un’ombra grigia e lenta fluttua nel cimitero parigino di Montrouge e un’altra scivola lenta e diritta nel cimitero di Opportune-la-Haute. Inoltre riemerge dal passato l’ombra di un vecchio caso relativo ad un’infermiera dissociata che praticò l’eutanasia su trentatre persone tra Germania, Francia e Polonia in quasi mezzo secolo e che, dopo aver ucciso una guardia, è ora evasa dal carcere di Freiburg e fa temere ad Adamsberg per la propria vita. E ancora: l’ombra dell’amore non consumato tra Adamsberg e il medico legale Ariane Lagarde torna a farsi strada nella mente del commissario. Un’ombra causa la morte di due uomini, uno bianco e uno di colore, Diala Toundì e Didier Paillot – La Paille - alla Chapelle. Infine Adamsberg dice di se stesso di avere l’Ombra, un’idea cupa e opprimente della quale non ha ancora preso coscienza. A voi scoprire chi si nasconde dietro l’ombra!

giovedì 3 dicembre 2009

Un po’ più in là sulla destra – Fred Vargas

‘Vedi quel tale che sta arrivando, laggiù, un po’ più in là, sulla destra?’

‘E’ la grande casa bianca dopo il Municipio? Un po’ più in là sulla destra?’

Il libro della settimana è Un po’ più in là sulla destra di Fred Vargas, alias Frédérique Audouin-Rouzeau, scrittrice francese figlia di una chimica e di un assicuratore che la sera si trasformava in un surrealista, ricercatrice di archeozoologia specializzata in medievistica e sulla peste, e attualmente conosciuta e più o meno amata per essere amica dell’ex terrorista Cesare Battisti.
Premetto che adoro le saghe. Come molti accaniti lettori mi affeziono ogni volta ai personaggi dei libri che leggo e provo sempre un certo senso di abbandono quando le pagine finiscono e bisogna separarsi, quasi come da un buon amico. Le saghe hanno il vantaggio di farci ritrovare i personaggi che abbiamo amato e con i quali abbiamo condiviso tante ore, nel mondo reale, e tante avventure, in quello della finzione letteraria. Quanto ho camminato per la Grecia con l’Aristotele detective della Doody e quanto ho amato Mikhail Blokvist e Lisbeth Salander della Millennium Trilogy!
Ho già letto buona parte delle opere di Fred Vargas e appena ho saputo che Einaudi aveva pubblicato una sua nuova opera, mi sono adoperata per acquistarlo. Ma quando ero in libreria, scorrendo i titoli dell’autrice, mi sono accorta che nella mia libreria mancavano all’appello due titoli oltre a quello appena pubblicato! Ho dunque acquistato Un po’ più in là sulla destra, Nei Boschi Eterni e il più recente Scorre la Senna. Questo post è dedicato a Un po’ più in là sulla destra e alla saga degli Evangelisti.
In Un po’ più in là sulla destra tornano i protagonisti di Io sono il Tenebroso (che racconta l’episodio del killer delle forbici) e di Chi è morto alzi la mano (che racconta di due omicidi che ruotano attorno alla figura dell’attrice di teatro Sophia Siméonidis). Cronologicamente i fatti si collocano sei mesi dopo quelli esposti in Chi è morto alzi la mano.
Riconosciamo subito Marthe, una ex prostituta di 70 anni, che in passato fu la più bella del V arrondissement di Parigi. Nella vicenda del killer delle forbici, ritrova Clemènt, da lei cresciuto ed istruito come un figlio quando era bambino. Lasciata la stanza dalle parti di Place de la Bastille, in questo romanzo vive per strada.
Uno dei personaggi principali è Louis Kehlweiler, detto Ludwig o il Tedesco, per l’aspetto duro che a tratti assume il suo viso, un uomo di 50 anni, alto, con bel volto, occhi verdissimi contornati da ciglia scure, zoppo per via di un ginocchio messo fuori uso nel rogo di un albergo di Antibes preso di mira dal racket. Ludwig è un tipo placido, un treno lento con i freni rotti, maestro del dubbio e della confusione, il ‘maitre a penser dell’incasinamento’, nemico della perfezione, non incline a giudizi avventati. E’ un ex poliziotto che si definisce ‘sminatore’, cioè cacciatore di uomini di pietra dai pensieri mefitici. Ha scelto come inseparabile compagno il rospo Bufo, che porta sempre con sè in tasca, perchè ha la tipica aria stralunata degli anfibi, come distaccata dalla futilità di questo mondo, e perchè lo lascia chiaccherare senza interrompere senza mai chiedergli conto di niente. Ludwig pedina i sospetti appostandosi sulle panchine di Parigi alle quali ha attribuito un numero. Durante uno dei suoi appostamenti ritrova un osso umano sulla griglia dell’albero della panchina 102 in Place de la Contrescarpe. Da questo ritrovamento ha inizio un nuovo caso per risolvere il quale si avvale della collaborazione degli Evangelisti (Marc e Mathias in particolare). Essi sono tre storici o studiosi del Tempo, tre intellettuali falliti dal punto di vista economico, che cercano di unire gli sforzi prendendo casa insieme – la Topaia - accanto a quella di Sophia Siméonidis. Il più centrale dei caratteri è Marc Vandoosler, medievista come Fred Vargas, un giovane di 36 anni, molto magro, tutto in nero, dall’abbigliamento ai colori del viso, estremamente ansioso e nervoso, di un’oscillante emotività ma tenace, curioso e che finisce sempre ciò che ha cominciato. ‘Austerità e lustrini’ dicono di lui. Abbandonato dalla moglie, colleziona amori disperati. In questo nuovo romanzo è sentimentalmente solo, disoccupato, in attesa di un lavoro part-time alla biblioteca comunale. Egli ogni giorno si reca nel bunker di Kehlweiler per leggere, ritagliare e catalogare tutte le notizie locali e nazionali che gli risultino sospette o equivoche. Segue Louis nella Bretagna profonda, a Port-Nicolas, per aiutarlo a sciogliere l’enigma che sta dietro all’osso umano ritrovato.
Con Marc nella topaia vivono Mathias Delamarre, studioso di preistoria, un gigante biondo, solitario e silenzioso, insofferente all’abbigliamento, che ama stare nudo come un vero e proprio cacciatore-raccoglitore della preistoria, e Lucien Devernois, storico della Grande Guerra, estroso e bevitore. I tre vengono soprannominati Evangelisti e chiamati San Marco, San Luca e San Matteo dallo zio-padrino di Marc, Armand Vandoosler, un ex commissario cacciato dal Ministero degli Interni per aver lasciato scappare un assassino. Marc, Mathias, Lucien e Vandoosler il Vecchio occupano la topaia disponendosi in ordine cronologico: dal magma primordiale del refettorio comune al pian terreno, alla preistoria di Mathias al primo piano, al Medioevo di Marc al secondo, alla Prima Guerra Mondiale di Lucien al terzo, fino alla contemporaneità ‘vicino al cielo’ ovvero la decadenza di Armand nel sottotetto.
E’ per la caratterizzazione dei personaggi più che per la storia in sè che trovo piacevole leggere i romanzi della Vargas. I suoi gialli non sono truculenti come quelli di Patricia Cornwell, non c’è spargimento gratuito di sangue, nessuna violenza fine a sè stessa, nessun compiacimento dei particolari macabri, e talvolta se ne intuisce la soluzione. Fred Vargas stessa si definisce l’anti Patricia Cornwell: a differenza dei romanzi di Key Scarpetta in cui le trame sono estremamente complicate e macchinose, la Vargas ritiene che i delitti nella realtà siano sempre qualcosa di semplice.
Trattandosi di un giallo, non intendo soffermarmi sulla trama, sui sospettati e sul colpevole, sarebbe irriguardoso nei confronti dei futuri lettori!
Un’ultima nota. Le ultime opere scritte da Fred Vargas sono le migliori ma, essendo le prime state pubblicate molti anni dopo, mischiate alle più recenti, fate attenzione a seguire l‘ordine cronologico di stesura o rischiate di avvertire un netto stacco e anche un po’ di delusione. Un po' più in là sulla destra, ad esempio, è stato scritto e pubblicato in Francia nel 1996 ma in Italia Einaudi l’ha pubblicato solo nel 2008!
Elenco di seguito i nove romanzi in ordine di data di pubblicazione dell’originale (percorso di lettura consigliato):
1991 L'homme aux cercles bleus L'uomo dei cerchi azzurri
1995 Debout les morts Chi e' morto alzi la mano
1996 Un peu plus loin sur la droite Un po' piu' in la' sulla destra
1997 Sans feu ni lieu Io sono il Tenebroso
1999 L'homme a' l'envers L'uomo a rovescio
2001 Pars vite et reviens tard Parti in fretta e non tornare
2004 Sous les vents de Neptune Sotto i venti di Nettuno
2006 Dans les bois eternels Nei boschi eterni
2008 Un lieu incertain Un luogo incerto
2009 Coule la Seine Scorre la Senna

Non (ancora) pubblicati in Italia:
1986 Les jeux de l’amour et de la mort
1994 Ceux qui vont mourir te saluent
2000 Les quatre fleuves
Les jeux de l’amour et de la mort e Ceux qui vont mourir te salient non rientrano nè nel filone Adamsberg nè nella saga degli Evangelisti. Les quatre fleuves è una graphic novel il cui protagonista è il commissario Adamsberg.

Einaudi ha pubblicato anche un’opera intitolata Trilogia Adamsberg contenente L’uomo dei cerchi azzurri, L’uomo a rovescio e Parti in fretta e non tornare. Fred Vargas non ha mai inteso i tre romanzi come facenti parte di una trilogia, tanto è vero che non esiste introduzione, nè postfazione. Come appare evidente controllando le date di cui sopra, i tre gialli furono scritti ad anni di distanza l’uno dall’altro e sono perciò diversi per ambientazione e temi. Si tratta insomma di una semplice collezione di tre romanzi dell’autrice.

A breve il post su Nei Boschi Eterni.

venerdì 27 novembre 2009

Il Maestro e Margherita – Mikhail Bulgakov

Sono nel mio periodo russo, da qui la scelta di acquistare Il Maestro e Margherita.
Non ho una gran conoscenza della letteratura russa. La scuola superiore italiana ha dei programmi ministeriali che a mala pena riescono a coprire la letteratura italiana fino al primo Novecento, figuriamoci quella straniera. Ho studiato solo la letteratura inglese grazie all’insegnante di lingue del liceo. Il mio primo approccio alla letteratura russa è avvenuto nell’estate successiva alla maturità, quando ho letto I Demoni di Dostojevski. Poi nulla più fino a un paio di mesi fa quando, durante il mio periodo di riposo forzato e cattività domestica, sullo scaffale dei libri del supermercato sotto casa (!) mi sono imbattuta in Anna Karenina di Tolstoj e, sentendomi in difetto per non averlo mai letto, ho affondato il naso nelle sue pagine. A questo proposito vorrei aggiungere che un classico della letteratura, italiana o straniera, è sempre un investimento sicuro quando non ci sono molti nuovi libri o i primi in classifica li si è già letti tutti! E poi li si trova anche in edizioni economiche, dettaglio non trascurabile, per chi, come me, divora uno o più libri alla settimana. Certe novità in libreria hanno dei prezzi spropositati per quello che contengono.
Ma torniamo a Il Maestro e Margherita.
Di questo romanzo non dirò che è il libro della settimana perchè è piuttosto candidato ad essere il romanzo di una vita, tanto mi è piaciuto.
Il libro racconta due storie parallele, una ambientata nella Russia degli anni ’30, e l’altra a Gerusalemme ai tempi di Gesù. Anzi, per essere più precisi, la storia ambientata a Gerusalemme è un romanzo nel romanzo, scritto da Il Maestro e da lui dato alle fiamme e distrutto perchè nessun editore era disposto a pubblicarlo. In esso il Maestro ha riscritto il Vangelo e in particolare la vicenda della condanna di Gesù, Yeshua Honozri, ad opera di Ponzio Pilato, poichè a suo parere la versione del Vangelo di Levi Matteo non risponde alla realtà. E’ proprio la distruzione del romanzo e la sparizione del Maestro, divenuto pazzo e internato in un ospedale psichiatrico, a spingere Woland (ricordate il Faust di Goethe?) a fare la sua apparizione a Mosca, nei panni di uno sconosciuto professore straniero di magia nera accompagnato dal suo bizzarro seguito.
Nella prima apparizione che il diavolo fa agli stagni Patriaršie di Mosca, apprendiamo che lo straniero è un uomo alto, con denti a sinistra di platino e a destra d’oro, la bocca storta, l’occhio destro nero e il sinistro verde, sopracciglia nere ma una più alta dell’altra. Quando si esibisce a teatro nel suo spettacolo indossa una maschera nera su metà volto. Nel libro secondo troviamo una descrizione più completa. ‘Due occhi si affissarono sul volto di Margherita. Il destro con una scintilla dorata sul fondo, che avrebbe penetrato fin nell’intimo qualsiasi anima, il sinistro vuoto e nero, una specie di stretta cruna angolare, un orifizio nel pozzo senza fondo di tutte le tenebre e tutte le ombre. La faccia di Woland era storta da un lato, l’angolo destro della bocca tirato in giù, sulla fronte alta e stempiata erano incise rughe profonde parallele alle sopracciglia appuntite. La pelle del viso di Woland era come se un sole ardente l’avesse abbronzata per sempre.’
Woland si accompagna con un uomo lungo e magro, con un giacchettino a quadretti, berretto da fantino, baffi a penna, occhiali a molla con un vetro che luccica e senza l’altra lente, che risponde al nome di Korov’ev o Fagotto. Egli si presenta in modo diverso a secondo dell’interlocutore: interprete, mago, maestro di cappella, incantatore. Insieme a lui il sicario Azazello, rosso di capelli, con una zanna lucente che gli fuoriesce dalla bocca, la bellissima strega cameriera Hella e Abadonna, il cui sguardo normalmente celato dietro a degli occhiali, uccide. Ma il personaggio che più mi inquieta e che mi è molto piaciuto è Behemoth o Ippopotamo, un gatto dalle dimensioni incredibili, addestrato da Woland, che cammina in modo disinvolto sulle zampe posteriori, viaggia da solo in tram, siede a tavola, mangia con le posate, gioca a scacchi ma soprattutto parla (!). A ben pensarci sulla copertina della mia edizione c’è proprio un gatto nero, che nel nostro immaginario è collegato al male, ma in versione più felina che umana.
La prima cosa che mi ha colpito è l’asimmetria associata al male: tutti i personaggi che seguono Woland e Woland stesso hanno particolari anatomici e del vestiario asimmetrici.
Inoltre è opportuno sottolineare che in realtà è proprio il diavolo a smascherare, punire e a prendersi gioco della meschinità e corruzione della società moscovita. Woland e il suo seguito, infatti, pur desiderando costantemente il male, operano costantemente il bene, come recita l’epigrafe del romanzo e cosa che nel Faust di Goethe il diavolo dice di se stesso. Il diavolo e i suoi seguaci infatti, non solo si fanno vendicatori della buona letteratura, ma si erigono a giustizieri sociali che del Bene puniscono i nemici. Il rapporto tra Woland e Hanozri, dunque, non è da considerarsi antitetico se non sul piano puramente metafisico della lotta fra Bene e Male. Quel che è certo, al di là della demonologia del romanzo, è che i mezzi usati per fare il bene non sono eticamente corretti, anzi a volte il bene è sì fine ultimo ma raggiunto con una leggera spietatezza e imperturbabile crudeltà. Pensiamo all’incendio del Griboedov, sede dell’associazione letteraria MASSOLIT, covo di letterati mediocri, più dediti alla buona cucina che alla buona letteratura, e a quello del raffinato negozio di prelibatezze nel Torgsin sullo Smolenskij, dove si può acquistare solo in valuta straniera – e i poveri nativi russi non hanno la possibilità di acquistare nulla. Se il diavolo è il grande protagonista del romanzo, Hanozri è il grande assente: dopo l’episodio della crocifissione, ne percepiamo sì la presenza ma di riflesso. La ragione è forse essa stessa una prova dell’esistenza di Dio: il Bene esiste in virtù dell’esistenza del Male e del regno delle ombre.
Nel Libro Secondo compare finalmente Margherita Nikolaevna, che il Maestro conosce come Ivanuska. E’ una donna trentenne benestante, infelicemente sposata, con un occhio leggermente strabico (l’asimmetria, di nuovo!) che, prima di cospargersi corpo e viso con la crema magica regalatale da Azazello, ha sopracciglia depilate, capelli ricci neri, un viso stanco e segnato dai pianti e dallo stress causato dalla misteriosa sparizione del suo amante, il Maestro. Grazie alla crema riacquista la giovinezza dei vent’anni, ciglia volte, occhi verdi, capelli lisci, un corpo tonico e forza d’animo, divenendo una strega, con tanto di capacità di volare a bordo di una scopa. Margherita viene infatti scelta da Woland tra tutte le Margherita native di Mosca come dama e padrona di casa per il gran ballo del plenilunio di primavera o ballo dei cento re che annualmente egli indice presso la sua dimora. Al momento di congedarsi Margherita chiede a Woland, come ricompensa per aver accettato il ruolo di Regina della festa, che le sia restituito il suo Maestro subito, in quello stesso istante. Woland acconsente e, appresa la vicenda dei due amanti, restituisce intatto il romanzo di Ponzio Pilato ad uno stralunato e sbigottito Maestro (‘I manoscritti non bruciano’) e acconsente a che i due tornino alla loro vita insieme precedente alla sparizione del Maestro, nello scantinato in cui furono felici. Le due storie, quella antica e quella moderna, scorrono parallele fino al XXVIII capitolo, quando il presente ed il passato, il male ed il bene finalmente si incontrano. Levi Matteo, emissario di Hanozri, che ha letto il manoscritto del Maestro, chiede a Satana che egli prenda con sè il Maestro e Margherita, ricompensandoli con il riposo. I due amanti, i cui corpi continuano a vivere la loro vita, quello di Margherita a casa col marito, quello del Maestro nell’ospedale psichiatrico, ma le cui anime vivono nello scantinato, vengono avvelenati da Azazello, che subito dopo dà loro una vita ultraterrena. Satana, Behemoth, Korov’ev, Azazello, il Maestro e Margherita partono insieme, ciascuno col suo proprio vero sembiante, alla volta dei Monti dei Passeri per incontrare Pilato ed il suo cane Banga e concedergli il perdono. Il perdono è un tema che percorre l’intera opera: oltre a quello di Pilato, anche quello conceso a Frida e al Maestro e Margherita.
I due amanti prendono infine congedo da Woland e il suo seguito per vivere in una casa eterna, in uno spazio sospeso nel tempo e nello spazio, perdendo memoria della loro sofferta vita terrena, in una calma puskiniana.
Dopo aver trascorso tanto tempo su questo libro ma soprattutto su questo post, mi dispiace quasi separarmene! Ma è tempo di passare ad una nuova storia.

Like Pilate, I have a dog
Obeys, listens, kisses, loves

Pearl Jam - Pilate

lunedì 23 novembre 2009

Beauty Post: Chanel maquillage

Questo non è un beauty blog, d’accordo, ma attenzione, state per leggere un beauty post.
Sabato era una tipica giornata autunale, con la nebbiolina bassa a coprire le colline di fronte a casa e un sole pallidissimo che quasi non ha fatto comparsa nel cielo incolore. Gli alberi quasi completamente spogliati delle foglie colorate che giacciono ai loro piedi; fra questi spiccano le piante dei cachi, i cui frutti sembrano tante lanterne arancioni appese ai rametti rinsecchiti. Vincendo la naturale pigrizia di un siffatto sabato pomeriggio, ho trascinato il Drago della Fortuna giù dal divano e siamo andati a fare due passi in centro. Poteva mancare un giro in profumeria? Essendo autunno e versando io in un periodo alquanto nero, sono andata diretta al banco Chanel perchè mi tentava la Collezione Maquillage Autunnale di Chanel Noirs Obscurs. In fatto di maquillage, trovo che Chanel sia il top. Non mi ha mai deluso, le confezioni sono minimali ed eleganti, i colori alla moda, le texture estremamente piacevoli. La collezione Noirs Obscurs si inserisce in un periodo in cui da ogni ambito ci arrivano spunti dark: dal cinema, con la saga di Twilight (non la considero letteratura) e New Moon ora sullo schermo, alla televisione, con la serie sul mostro di Firenze e la seconda stagione di True Blood, all'arte con la mostra dei disegni inediti del regista Tim Burton al Moma di NY, alla pubblicità, molte delle quali strizzano l'occhio a licantropi e vampiri, alla moda dove il viola in tutte le sue nuance è un must. Personalmente poi, sto ascoltando Scenes from a Memory dei Dream Theater (grazie Fra!), e sto leggendo Il Maestro e Margherita di Bulgakov, per il quale farò un post ad hoc a breve.
Questi i miei acquisti di sabato:

- Mascara Inimitable nella nuance num.5 Noir Obscur: la commessa mi ha assicurato che si tratta di un nero più scuro di quello tradizionale ed io ve lo confermo. E’ un nero bellissimo, davvero più profondo, molto lucido, che appare quasi con riflessi tra il blu cobalto e il verde. L’Inimitable di suo è un ottimo mascara, in questa nuance trova la sua apoteosi. Purtroppo si tratta di un’edizione limitata per cui ne acquisterò altri prima che escano di produzione. Se volete un mascara che allunghi e separi perfettamente le ciglia, l’Inimitable fa per voi.

- Quatour Boutons de Chanel Les Folies Noires: questa palette contiene quattro ombretti in polvere in quattro declinazioni di nero: Noir Aubergine, Noir Cèleste, Noir Cèladon, Noir Brun. Sono dei neri davvero più scuri ad esempio delle 4 Ombres in Smoky Eyes. Non hanno un effetto metallizzato come gli ombretti di Dior. Hanno piuttosto un effetto perlato ma molto discreto, cosa che li rende adatti ad essere indossati anche di giorno. Dal momento che la palette non contiene una base chiara, ne ho cercata una neutra da abbinare ai quattro neri.


- Ombretto Essentielle # 52 beige: è un ombretto morbido in polvere arricchito con vitamina C ed E che può essere usato sopra un sottile velo di fondotinta o da solo come base. Illumina e ha un’ottima tenuta. In abbinamento a Les Folies Noir è molto indicato, più del bianco, che è molto più difficile da indossare.

- Sculpte Sourcils Matita per sopracciglia in Blonde Clair: mmm, delle tre tonalità proposte l’unica adatta ai colori del mio viso/capelli è la più chiara ma ha una sfumatura leggermente rossiccia che non mi convince del tutto. La mia ricerca della matita per sopracciglia continua!

Ora, se avessi abbinato anche smalto e rossetto in una nuance strong avrei certo ottenuto un trucco molto sofisticato. Ma il rischio, per chi come me esce di casa all'alba e va presto in ufficio, è sempre quello di indossare un trucco inappropriato ed eccessivo per il luogo ed il momento!

http://www.chanel.com

lunedì 16 novembre 2009

Economia Emotiva

Il libro che ho letto nella settimana appena trascorsa si intitola Economia Emotiva – Cosa si nasconde dietro i nostri conti quotidiani – di Matteo Motterlini.
Premetto che sono solita leggere romanzi e solo saltuariamente saggi, a meno che non trattino argomenti letterari o filosofici. Economia Emotiva è un saggio scientifico e in quanto tale ha per me il sapore della sfida. Ho la maturità classica; matematica, fisica, statistica ed economia sono dei buchi neri, non tanto perchè non li comprenda, ma perchè ho dedicato loro davvero poco tempo e attenzione a favore delle materie umanisitche. Non è la prima volta che cerco di saggiare i miei limiti confrontandomi con argomenti che esulano dalle mie aree di maggiore conoscenza. Nonostante le mie lacune, devo ammettere che non ho avuto difficoltà a leggere e comprendere quanto esposto dall’autore. Motterlini ha scritto per farsi comprendere, non per compiacersi delle proprie teorie. Non a caso è un insegnante (di Economia Cognitiva e Filosofia della Scienza presso l’Università Vita Salute del San Raffaele di Milano).
Lo scopo del libro è farci raggiungere una maggiore consapevolezza dei nostri processi cognitivi grazie ad esperimenti, test e rompicapo, affinchè la conoscenza dei nostri limiti ci renda più avveduti nelle decisioni che prendiamo quotidianamente. Il libro è diviso in tre parti.
La prima si intitola ‘Irrazionalità Quotidiana’ e spiega tra l’altro che tendiamo a fare un un diverso utilizzo del denaro a secondo di come ne siamo venuti in possesso, cioè se si tratta di denaro guadagnato, regalato o vinto. Inoltre Motterlini ci illustra la Prospect Theory ovvero la Teoria delle Decisioni dell’uomo della strada che valse a Kahneman il premio Nobel per l’Economia. Tale teoria spiega come siamo avversi al rischio nell’ambito delle vincite ma propensi al rischio nell’ambito delle perdite, pur di evitarle e contenerle, dal momento che esse ci feriscono molto di più di quanto non ci gratifichino le vincite. Inoltre prendiamo decisioni anche diametralmente opposte a secondo di come ci viene sottoposto un problema, se in termini positivi (preferisci un maglione puro cachemire all’80%?) o negativi (o un maglione misto lana al 20%?).
Nella seconda parte, ‘Conosci Te Stesso’, scopriamo la trappola della sicumera, cioè dell’innata e assoluta fiducia in se stessi che spesso ci porta ad attribuirci competenze e capacità superiori a quelle che effettivamente abbiamo e ad attribuire alla sfortuna i nostri insuccessi. In particolare viene osservato l’effetto della sicumera in ambito finanziario con gli effetti devastanti che comporta per piccoli e grandi investitori.
La terza parte ‘Decisioni, Emozioni e Cervello’ si avvale della neurobiologia per spiegare come le decisioni derivano dalla mediazione e cooperazione fra due aree cerebrali distinte che corrispondono a due diversi processi: la corteccia prefrontale dorsolaterale, associata a compiti cognitivi razionali, e l’insula, associata a stati emotivi. Il giro del cingolo anteriore è invece implicato nel selezionare e dirimere i conflitti cognitivi tra le due. A fronte dunque di un problema da risolvere si attiveranno le due aree e due diversi processi: processi automatici , veloci ed efficienti, che non costano sforzo, intuitivi ma approssimativi e fuorvianti da un lato e dall’altro processi cognitivi, deliberatamente attivati, lenti ma flessibili, che richiedono impegno e memoria di lavoro.

Le persone razionali non sono quelle che non provano emozioni ma quelle che le sanno regolare meglio.
Gli individui razionali sono coloro i quali hanno una rappresentazione mentale più precisa e più raffinata dei propri condizionamenti emotivi e dei propri processi cognitivi. E la cui corteccia prefrontale è in grado di integrare e modulare tali informazioni adattandole a seconda delle circostanze.

venerdì 13 novembre 2009

On This Earth

Si è appena conclusa la mostra dell’opera fotografica On this Earth di Nick Brandt presso la Young Gallery di Bruxelles. Nick Brandt è un fotografo inglese che ritrae gli animali selvaggi dell’Africa Orientale in bianco e nero, non ‘colti nel loro stato d’essere’ come accade nella fotografia naturalistica, ma nella spettacolarità dell’azione.
«Forse c'è qualcosa di più profondamente iconico, mitico, persino mitologico negli animali dell'Africa orientale, in confronto per esempio all'Artico o al Sud America. C'è anche qualcosa di profondamente emozionante e commovente nelle pianure africane – le grandi distese di pianure punteggiate dagli alberi di acacia graficamente perfetti. Le mie immagini sono apertamente idilliache e romantiche, una sorta di Africa incantata. Sono la mia elegia a un mondo che sta costantemente, tragicamente svanendo».
Le mie preferite: Lion Portrait – Serengeti 2000 e Lion Before Storm # 2 – Maasai Mara 2006

La ragione per cui amo le foto di Nick Brandt, al di là della loro bellezza intrinseca, è la stessa che sta alla base del mio interesse per l’astronomia e la filosofia. Gli animali ritratti da vicino nel loro habitat mi ricordano che la terra non è solo per l’uomo e ridimensionano l’eccessiva attenzione che ho sempre verso me stessa.

Folletto. Ma ora che ei [gli uomini] sono tutti spariti, la terra non sente che le manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare, ancorché non abbia più da servire alla navigazione e al traffico, non si vede che si rasciughi.
Gnomo. E le stelle e i pianeti non mancano di nascere e di tramontare, e non hanno preso le gramaglie.
Folletto. E il sole non s'ha intonacato il viso di ruggine; come fece, secondo Virgilio, per la morte di Cesare: della quale io credo ch'ei si pigliasse tanto affanno quanto ne pigliò la statua di Pompeo.


Dialogo di un Folletto e di Uno Gnomo – da Le Operette Morali di G. Leopardi


http://www.younggalleryphoto.com/photography/brandt/brandt.html
http://www.nickbrandt.com

mercoledì 11 novembre 2009

Louis Vuitton Core Values Campaign

Sfogliando alcune riviste, mi sono più volte imbattuta in una campagna pubblicitaria che ha da subito attirato la mia attenzione. Si tratta di una delle campagne pubblicitarie della Louis Vuitton’s Journeys. Il tema della serie è appunto il viaggio in tutte le sue accezioni, da quello in senso proprio, al viaggio interiore, all’avventura. Gli scatti sono firmati dalla celebre fotografa Annie Leibovitz. Nel 2007 Catherine Deneuve fu immortalata in una stazione ferroviaria seduta su un set di valigie (Sometimes home is just a feeling), seguirono Steffi Graf e Andre Agassi abbracciati a letto (Is there any greater journey than love?), Sophia e Francis Ford Coppola fotografati nella campagna argentina (In ogni storia c’è un meraviglioso viaggio), Keith Richards dei Rolling Stones (Some journeys cannot be put into words), Mikhail Gorbačëv seduto in una limousine che passa davanti a quel che resta del muro di Berlino (A journey brings us face to face with ourserlves), Sean Connery sulla spiaggia vicino alla sua casa alle Bahamas (There are journeys that turn into legends). Nello scatto a cui mi riferisco, Annie Leibovitz ritrae tre astronauti: Jim Lovell, comandante dell’Apollo 13, Buzz Aldrin, il primo a mettere piede sulla Luna nel 1969, nell’ambito della missione Apollo 11, e Sally Ride, la prima donna ad andare nello spazio. I tre sono fuori da un’auto, Sally seduta sul cofano, Buzz e Jim in piedi con le portiere aperte, tutti con il corpo proteso e lo sguardo che corre al cielo.
La campagna, uscita in Luglio, è volutamente coincisa con il quarantesimo anniversario dal primo allunaggio, che si è festeggiato il 20 luglio. Questa volta si parla dunque di un Journey Beyond, suggellato dalla frase Some journeys change mankind forever.
Se c’è un argomento che mi ha sempre affascinato è l’astronomia. Credo che la ragione risieda nel fatto che studiare stelle, pianeti e galassie in modo scientifico consente di ridimensionare la nostra miope prospettiva terrena e di attribuire il giusto peso alle cose. In più di una circostanza mi è capitato di ritrovare la calma e la serenità chiedendomi che peso hanno le mie tribolazioni nell’economia dell’universo. Può forse il nostro dolore turbare il volo degli uccelli nel cielo o impedire alla luna di influenzare le maree? Il giorno e la notte non continuano forse ad alternarsi incuranti del fatto che una persona non ci sia più?
E inoltre siamo noi a trovare malinconico un tramonto o angosciante una tempesta. Le cose sono sempre solo cose.
Da queste riflessioni, il cielo stellato di Annie Leibovitz mi ha infine portato, con un volo pindarico, alla Critica della Ragion Pratica di Kant e al suo celebre aforisma
‘Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me’

Non ci sarà mai Annie Leibovitz a ritrarmi, ma in fondo io vivo proprio così, con sguardo e pensiero rivolti al cielo per continaure a camminare sulla terra.

louisvuittonjourneys.com

domenica 8 novembre 2009

La Storia Infinita

Per cent'anni, ospite amato, t'ho aspettato in questa casa. Poichè sei fin qui arrivato, che sia tu son ben persuasa. Per sfamarti e dissetarti tutto è stato apparecchiato. Se vorrai qui consolarti, tenerezza ho preparato e conforto alle tue pene. La tua strada non fu corta, quel che è stato non importa, come sei, così va bene.

Forse il fatto di non essere serena mi ha spinto ad una fuga dalla realtà a livello unicamente letterario, ma, quando due settimane fa mi sono imbattuta ne La Storia Infinita di Michael Ende, non ho saputo resistere e l'ho subito acquistata. Certo non si tratta della versione con copertina di seta color rubino cupo che riluccica mentre la rigiri qua e là, con due serpenti, uno chiaro e uno scuro, che si mordono la coda, nè con i fogli stampati in due colori diversi, come quella di Fra. E' una versione economica con la copertina rossa e un ovale con alcuni personaggi della storia. Ci sono Bastiano con il libro in mano, il signor Coriandoli, FiorDiLuna, Graogramàn, Donna Aiuola e, naturalmente, il Drago della Fortuna Fucùr, di cui Teo fa un'imitazione molto somigliante. ;-) Tutti conosciamo il titolo di questo romanzo soprattutto grazie alla trasposizione cinematografica del 1984. Allora avevo otto anni e ricordo che fu un compagno di classe che i genitori portarono al cinema nel fine settimana a parlarmene la prima volta. Io vidi il film in televisione solo tempo dopo. Ora che ho letto il libro, capisco perchè Michael Ende si oppose a che il suo nome comparisse nei titoli di testa del film. Senza scendere in particolari, possiamo dire che il film racconta solo i primi dodici capitoli dei ventisei totali e che in esso non viene dato spazio al delirio di onnipotenza di Bastiano alla ricerca della propria vera volontà, forse perchè non fu considerato un tema troppo adatto ad un film fantasy a target bambini. Ora, fin da bambina ho sempre letto molto e di tutto soprattutto con il fine di conoscere e imparare sempre qualcosa di nuovo sulla vita. Nel caso de la Storia Infinita mi ha interessato proprio il tema del tentativo di superare il nichilismo attraverso la fantasia, che è poi esattamente quello che ho cercato di fare io leggendo questo libro. Curioso, no? Comunque il problema del nichilismo rimane, perchè, Bastiano insegna, la volontà di superare il nichilismo con la fantasia rischia di sfociare nell'egotismo. :-( Ciò che vorrei per me in questo momento è tornare a guardare le cose come fossi un bambino, come Donna Aiuola nella Casa che Muta insegna a Bastiano. Vorrei tornare a sperare, a credere, ad avere fiducia, a donarmi senza paura. Vorrei superare il disincanto e smettere di sentirmi dura e arida come una pietra. Certo se avessi avuto delle esperienze diverse da quelle che ho vissuto, anche i miei pensieri e sentimenti sarebbero differenti. Non sono nata così, lo sono diventata. Ma come si fa a non sciogliersi di fronte ad un Minuscolino, una creaturina di membra finissime, avvolta in un vestitino variopinto, con in testa un cilindretto rosso, a cavallo di una lumaca, sul cui guscio scintilla una minuscola sella d'argento? Ma questa è un'altra storia e si dovrà raccontare un'altra volta.

www.michaelende.de