venerdì 27 novembre 2009

Il Maestro e Margherita – Mikhail Bulgakov

Sono nel mio periodo russo, da qui la scelta di acquistare Il Maestro e Margherita.
Non ho una gran conoscenza della letteratura russa. La scuola superiore italiana ha dei programmi ministeriali che a mala pena riescono a coprire la letteratura italiana fino al primo Novecento, figuriamoci quella straniera. Ho studiato solo la letteratura inglese grazie all’insegnante di lingue del liceo. Il mio primo approccio alla letteratura russa è avvenuto nell’estate successiva alla maturità, quando ho letto I Demoni di Dostojevski. Poi nulla più fino a un paio di mesi fa quando, durante il mio periodo di riposo forzato e cattività domestica, sullo scaffale dei libri del supermercato sotto casa (!) mi sono imbattuta in Anna Karenina di Tolstoj e, sentendomi in difetto per non averlo mai letto, ho affondato il naso nelle sue pagine. A questo proposito vorrei aggiungere che un classico della letteratura, italiana o straniera, è sempre un investimento sicuro quando non ci sono molti nuovi libri o i primi in classifica li si è già letti tutti! E poi li si trova anche in edizioni economiche, dettaglio non trascurabile, per chi, come me, divora uno o più libri alla settimana. Certe novità in libreria hanno dei prezzi spropositati per quello che contengono.
Ma torniamo a Il Maestro e Margherita.
Di questo romanzo non dirò che è il libro della settimana perchè è piuttosto candidato ad essere il romanzo di una vita, tanto mi è piaciuto.
Il libro racconta due storie parallele, una ambientata nella Russia degli anni ’30, e l’altra a Gerusalemme ai tempi di Gesù. Anzi, per essere più precisi, la storia ambientata a Gerusalemme è un romanzo nel romanzo, scritto da Il Maestro e da lui dato alle fiamme e distrutto perchè nessun editore era disposto a pubblicarlo. In esso il Maestro ha riscritto il Vangelo e in particolare la vicenda della condanna di Gesù, Yeshua Honozri, ad opera di Ponzio Pilato, poichè a suo parere la versione del Vangelo di Levi Matteo non risponde alla realtà. E’ proprio la distruzione del romanzo e la sparizione del Maestro, divenuto pazzo e internato in un ospedale psichiatrico, a spingere Woland (ricordate il Faust di Goethe?) a fare la sua apparizione a Mosca, nei panni di uno sconosciuto professore straniero di magia nera accompagnato dal suo bizzarro seguito.
Nella prima apparizione che il diavolo fa agli stagni Patriaršie di Mosca, apprendiamo che lo straniero è un uomo alto, con denti a sinistra di platino e a destra d’oro, la bocca storta, l’occhio destro nero e il sinistro verde, sopracciglia nere ma una più alta dell’altra. Quando si esibisce a teatro nel suo spettacolo indossa una maschera nera su metà volto. Nel libro secondo troviamo una descrizione più completa. ‘Due occhi si affissarono sul volto di Margherita. Il destro con una scintilla dorata sul fondo, che avrebbe penetrato fin nell’intimo qualsiasi anima, il sinistro vuoto e nero, una specie di stretta cruna angolare, un orifizio nel pozzo senza fondo di tutte le tenebre e tutte le ombre. La faccia di Woland era storta da un lato, l’angolo destro della bocca tirato in giù, sulla fronte alta e stempiata erano incise rughe profonde parallele alle sopracciglia appuntite. La pelle del viso di Woland era come se un sole ardente l’avesse abbronzata per sempre.’
Woland si accompagna con un uomo lungo e magro, con un giacchettino a quadretti, berretto da fantino, baffi a penna, occhiali a molla con un vetro che luccica e senza l’altra lente, che risponde al nome di Korov’ev o Fagotto. Egli si presenta in modo diverso a secondo dell’interlocutore: interprete, mago, maestro di cappella, incantatore. Insieme a lui il sicario Azazello, rosso di capelli, con una zanna lucente che gli fuoriesce dalla bocca, la bellissima strega cameriera Hella e Abadonna, il cui sguardo normalmente celato dietro a degli occhiali, uccide. Ma il personaggio che più mi inquieta e che mi è molto piaciuto è Behemoth o Ippopotamo, un gatto dalle dimensioni incredibili, addestrato da Woland, che cammina in modo disinvolto sulle zampe posteriori, viaggia da solo in tram, siede a tavola, mangia con le posate, gioca a scacchi ma soprattutto parla (!). A ben pensarci sulla copertina della mia edizione c’è proprio un gatto nero, che nel nostro immaginario è collegato al male, ma in versione più felina che umana.
La prima cosa che mi ha colpito è l’asimmetria associata al male: tutti i personaggi che seguono Woland e Woland stesso hanno particolari anatomici e del vestiario asimmetrici.
Inoltre è opportuno sottolineare che in realtà è proprio il diavolo a smascherare, punire e a prendersi gioco della meschinità e corruzione della società moscovita. Woland e il suo seguito, infatti, pur desiderando costantemente il male, operano costantemente il bene, come recita l’epigrafe del romanzo e cosa che nel Faust di Goethe il diavolo dice di se stesso. Il diavolo e i suoi seguaci infatti, non solo si fanno vendicatori della buona letteratura, ma si erigono a giustizieri sociali che del Bene puniscono i nemici. Il rapporto tra Woland e Hanozri, dunque, non è da considerarsi antitetico se non sul piano puramente metafisico della lotta fra Bene e Male. Quel che è certo, al di là della demonologia del romanzo, è che i mezzi usati per fare il bene non sono eticamente corretti, anzi a volte il bene è sì fine ultimo ma raggiunto con una leggera spietatezza e imperturbabile crudeltà. Pensiamo all’incendio del Griboedov, sede dell’associazione letteraria MASSOLIT, covo di letterati mediocri, più dediti alla buona cucina che alla buona letteratura, e a quello del raffinato negozio di prelibatezze nel Torgsin sullo Smolenskij, dove si può acquistare solo in valuta straniera – e i poveri nativi russi non hanno la possibilità di acquistare nulla. Se il diavolo è il grande protagonista del romanzo, Hanozri è il grande assente: dopo l’episodio della crocifissione, ne percepiamo sì la presenza ma di riflesso. La ragione è forse essa stessa una prova dell’esistenza di Dio: il Bene esiste in virtù dell’esistenza del Male e del regno delle ombre.
Nel Libro Secondo compare finalmente Margherita Nikolaevna, che il Maestro conosce come Ivanuska. E’ una donna trentenne benestante, infelicemente sposata, con un occhio leggermente strabico (l’asimmetria, di nuovo!) che, prima di cospargersi corpo e viso con la crema magica regalatale da Azazello, ha sopracciglia depilate, capelli ricci neri, un viso stanco e segnato dai pianti e dallo stress causato dalla misteriosa sparizione del suo amante, il Maestro. Grazie alla crema riacquista la giovinezza dei vent’anni, ciglia volte, occhi verdi, capelli lisci, un corpo tonico e forza d’animo, divenendo una strega, con tanto di capacità di volare a bordo di una scopa. Margherita viene infatti scelta da Woland tra tutte le Margherita native di Mosca come dama e padrona di casa per il gran ballo del plenilunio di primavera o ballo dei cento re che annualmente egli indice presso la sua dimora. Al momento di congedarsi Margherita chiede a Woland, come ricompensa per aver accettato il ruolo di Regina della festa, che le sia restituito il suo Maestro subito, in quello stesso istante. Woland acconsente e, appresa la vicenda dei due amanti, restituisce intatto il romanzo di Ponzio Pilato ad uno stralunato e sbigottito Maestro (‘I manoscritti non bruciano’) e acconsente a che i due tornino alla loro vita insieme precedente alla sparizione del Maestro, nello scantinato in cui furono felici. Le due storie, quella antica e quella moderna, scorrono parallele fino al XXVIII capitolo, quando il presente ed il passato, il male ed il bene finalmente si incontrano. Levi Matteo, emissario di Hanozri, che ha letto il manoscritto del Maestro, chiede a Satana che egli prenda con sè il Maestro e Margherita, ricompensandoli con il riposo. I due amanti, i cui corpi continuano a vivere la loro vita, quello di Margherita a casa col marito, quello del Maestro nell’ospedale psichiatrico, ma le cui anime vivono nello scantinato, vengono avvelenati da Azazello, che subito dopo dà loro una vita ultraterrena. Satana, Behemoth, Korov’ev, Azazello, il Maestro e Margherita partono insieme, ciascuno col suo proprio vero sembiante, alla volta dei Monti dei Passeri per incontrare Pilato ed il suo cane Banga e concedergli il perdono. Il perdono è un tema che percorre l’intera opera: oltre a quello di Pilato, anche quello conceso a Frida e al Maestro e Margherita.
I due amanti prendono infine congedo da Woland e il suo seguito per vivere in una casa eterna, in uno spazio sospeso nel tempo e nello spazio, perdendo memoria della loro sofferta vita terrena, in una calma puskiniana.
Dopo aver trascorso tanto tempo su questo libro ma soprattutto su questo post, mi dispiace quasi separarmene! Ma è tempo di passare ad una nuova storia.

Like Pilate, I have a dog
Obeys, listens, kisses, loves

Pearl Jam - Pilate

lunedì 23 novembre 2009

Beauty Post: Chanel maquillage

Questo non è un beauty blog, d’accordo, ma attenzione, state per leggere un beauty post.
Sabato era una tipica giornata autunale, con la nebbiolina bassa a coprire le colline di fronte a casa e un sole pallidissimo che quasi non ha fatto comparsa nel cielo incolore. Gli alberi quasi completamente spogliati delle foglie colorate che giacciono ai loro piedi; fra questi spiccano le piante dei cachi, i cui frutti sembrano tante lanterne arancioni appese ai rametti rinsecchiti. Vincendo la naturale pigrizia di un siffatto sabato pomeriggio, ho trascinato il Drago della Fortuna giù dal divano e siamo andati a fare due passi in centro. Poteva mancare un giro in profumeria? Essendo autunno e versando io in un periodo alquanto nero, sono andata diretta al banco Chanel perchè mi tentava la Collezione Maquillage Autunnale di Chanel Noirs Obscurs. In fatto di maquillage, trovo che Chanel sia il top. Non mi ha mai deluso, le confezioni sono minimali ed eleganti, i colori alla moda, le texture estremamente piacevoli. La collezione Noirs Obscurs si inserisce in un periodo in cui da ogni ambito ci arrivano spunti dark: dal cinema, con la saga di Twilight (non la considero letteratura) e New Moon ora sullo schermo, alla televisione, con la serie sul mostro di Firenze e la seconda stagione di True Blood, all'arte con la mostra dei disegni inediti del regista Tim Burton al Moma di NY, alla pubblicità, molte delle quali strizzano l'occhio a licantropi e vampiri, alla moda dove il viola in tutte le sue nuance è un must. Personalmente poi, sto ascoltando Scenes from a Memory dei Dream Theater (grazie Fra!), e sto leggendo Il Maestro e Margherita di Bulgakov, per il quale farò un post ad hoc a breve.
Questi i miei acquisti di sabato:

- Mascara Inimitable nella nuance num.5 Noir Obscur: la commessa mi ha assicurato che si tratta di un nero più scuro di quello tradizionale ed io ve lo confermo. E’ un nero bellissimo, davvero più profondo, molto lucido, che appare quasi con riflessi tra il blu cobalto e il verde. L’Inimitable di suo è un ottimo mascara, in questa nuance trova la sua apoteosi. Purtroppo si tratta di un’edizione limitata per cui ne acquisterò altri prima che escano di produzione. Se volete un mascara che allunghi e separi perfettamente le ciglia, l’Inimitable fa per voi.

- Quatour Boutons de Chanel Les Folies Noires: questa palette contiene quattro ombretti in polvere in quattro declinazioni di nero: Noir Aubergine, Noir Cèleste, Noir Cèladon, Noir Brun. Sono dei neri davvero più scuri ad esempio delle 4 Ombres in Smoky Eyes. Non hanno un effetto metallizzato come gli ombretti di Dior. Hanno piuttosto un effetto perlato ma molto discreto, cosa che li rende adatti ad essere indossati anche di giorno. Dal momento che la palette non contiene una base chiara, ne ho cercata una neutra da abbinare ai quattro neri.


- Ombretto Essentielle # 52 beige: è un ombretto morbido in polvere arricchito con vitamina C ed E che può essere usato sopra un sottile velo di fondotinta o da solo come base. Illumina e ha un’ottima tenuta. In abbinamento a Les Folies Noir è molto indicato, più del bianco, che è molto più difficile da indossare.

- Sculpte Sourcils Matita per sopracciglia in Blonde Clair: mmm, delle tre tonalità proposte l’unica adatta ai colori del mio viso/capelli è la più chiara ma ha una sfumatura leggermente rossiccia che non mi convince del tutto. La mia ricerca della matita per sopracciglia continua!

Ora, se avessi abbinato anche smalto e rossetto in una nuance strong avrei certo ottenuto un trucco molto sofisticato. Ma il rischio, per chi come me esce di casa all'alba e va presto in ufficio, è sempre quello di indossare un trucco inappropriato ed eccessivo per il luogo ed il momento!

http://www.chanel.com

lunedì 16 novembre 2009

Economia Emotiva

Il libro che ho letto nella settimana appena trascorsa si intitola Economia Emotiva – Cosa si nasconde dietro i nostri conti quotidiani – di Matteo Motterlini.
Premetto che sono solita leggere romanzi e solo saltuariamente saggi, a meno che non trattino argomenti letterari o filosofici. Economia Emotiva è un saggio scientifico e in quanto tale ha per me il sapore della sfida. Ho la maturità classica; matematica, fisica, statistica ed economia sono dei buchi neri, non tanto perchè non li comprenda, ma perchè ho dedicato loro davvero poco tempo e attenzione a favore delle materie umanisitche. Non è la prima volta che cerco di saggiare i miei limiti confrontandomi con argomenti che esulano dalle mie aree di maggiore conoscenza. Nonostante le mie lacune, devo ammettere che non ho avuto difficoltà a leggere e comprendere quanto esposto dall’autore. Motterlini ha scritto per farsi comprendere, non per compiacersi delle proprie teorie. Non a caso è un insegnante (di Economia Cognitiva e Filosofia della Scienza presso l’Università Vita Salute del San Raffaele di Milano).
Lo scopo del libro è farci raggiungere una maggiore consapevolezza dei nostri processi cognitivi grazie ad esperimenti, test e rompicapo, affinchè la conoscenza dei nostri limiti ci renda più avveduti nelle decisioni che prendiamo quotidianamente. Il libro è diviso in tre parti.
La prima si intitola ‘Irrazionalità Quotidiana’ e spiega tra l’altro che tendiamo a fare un un diverso utilizzo del denaro a secondo di come ne siamo venuti in possesso, cioè se si tratta di denaro guadagnato, regalato o vinto. Inoltre Motterlini ci illustra la Prospect Theory ovvero la Teoria delle Decisioni dell’uomo della strada che valse a Kahneman il premio Nobel per l’Economia. Tale teoria spiega come siamo avversi al rischio nell’ambito delle vincite ma propensi al rischio nell’ambito delle perdite, pur di evitarle e contenerle, dal momento che esse ci feriscono molto di più di quanto non ci gratifichino le vincite. Inoltre prendiamo decisioni anche diametralmente opposte a secondo di come ci viene sottoposto un problema, se in termini positivi (preferisci un maglione puro cachemire all’80%?) o negativi (o un maglione misto lana al 20%?).
Nella seconda parte, ‘Conosci Te Stesso’, scopriamo la trappola della sicumera, cioè dell’innata e assoluta fiducia in se stessi che spesso ci porta ad attribuirci competenze e capacità superiori a quelle che effettivamente abbiamo e ad attribuire alla sfortuna i nostri insuccessi. In particolare viene osservato l’effetto della sicumera in ambito finanziario con gli effetti devastanti che comporta per piccoli e grandi investitori.
La terza parte ‘Decisioni, Emozioni e Cervello’ si avvale della neurobiologia per spiegare come le decisioni derivano dalla mediazione e cooperazione fra due aree cerebrali distinte che corrispondono a due diversi processi: la corteccia prefrontale dorsolaterale, associata a compiti cognitivi razionali, e l’insula, associata a stati emotivi. Il giro del cingolo anteriore è invece implicato nel selezionare e dirimere i conflitti cognitivi tra le due. A fronte dunque di un problema da risolvere si attiveranno le due aree e due diversi processi: processi automatici , veloci ed efficienti, che non costano sforzo, intuitivi ma approssimativi e fuorvianti da un lato e dall’altro processi cognitivi, deliberatamente attivati, lenti ma flessibili, che richiedono impegno e memoria di lavoro.

Le persone razionali non sono quelle che non provano emozioni ma quelle che le sanno regolare meglio.
Gli individui razionali sono coloro i quali hanno una rappresentazione mentale più precisa e più raffinata dei propri condizionamenti emotivi e dei propri processi cognitivi. E la cui corteccia prefrontale è in grado di integrare e modulare tali informazioni adattandole a seconda delle circostanze.

venerdì 13 novembre 2009

On This Earth

Si è appena conclusa la mostra dell’opera fotografica On this Earth di Nick Brandt presso la Young Gallery di Bruxelles. Nick Brandt è un fotografo inglese che ritrae gli animali selvaggi dell’Africa Orientale in bianco e nero, non ‘colti nel loro stato d’essere’ come accade nella fotografia naturalistica, ma nella spettacolarità dell’azione.
«Forse c'è qualcosa di più profondamente iconico, mitico, persino mitologico negli animali dell'Africa orientale, in confronto per esempio all'Artico o al Sud America. C'è anche qualcosa di profondamente emozionante e commovente nelle pianure africane – le grandi distese di pianure punteggiate dagli alberi di acacia graficamente perfetti. Le mie immagini sono apertamente idilliache e romantiche, una sorta di Africa incantata. Sono la mia elegia a un mondo che sta costantemente, tragicamente svanendo».
Le mie preferite: Lion Portrait – Serengeti 2000 e Lion Before Storm # 2 – Maasai Mara 2006

La ragione per cui amo le foto di Nick Brandt, al di là della loro bellezza intrinseca, è la stessa che sta alla base del mio interesse per l’astronomia e la filosofia. Gli animali ritratti da vicino nel loro habitat mi ricordano che la terra non è solo per l’uomo e ridimensionano l’eccessiva attenzione che ho sempre verso me stessa.

Folletto. Ma ora che ei [gli uomini] sono tutti spariti, la terra non sente che le manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare, ancorché non abbia più da servire alla navigazione e al traffico, non si vede che si rasciughi.
Gnomo. E le stelle e i pianeti non mancano di nascere e di tramontare, e non hanno preso le gramaglie.
Folletto. E il sole non s'ha intonacato il viso di ruggine; come fece, secondo Virgilio, per la morte di Cesare: della quale io credo ch'ei si pigliasse tanto affanno quanto ne pigliò la statua di Pompeo.


Dialogo di un Folletto e di Uno Gnomo – da Le Operette Morali di G. Leopardi


http://www.younggalleryphoto.com/photography/brandt/brandt.html
http://www.nickbrandt.com

mercoledì 11 novembre 2009

Louis Vuitton Core Values Campaign

Sfogliando alcune riviste, mi sono più volte imbattuta in una campagna pubblicitaria che ha da subito attirato la mia attenzione. Si tratta di una delle campagne pubblicitarie della Louis Vuitton’s Journeys. Il tema della serie è appunto il viaggio in tutte le sue accezioni, da quello in senso proprio, al viaggio interiore, all’avventura. Gli scatti sono firmati dalla celebre fotografa Annie Leibovitz. Nel 2007 Catherine Deneuve fu immortalata in una stazione ferroviaria seduta su un set di valigie (Sometimes home is just a feeling), seguirono Steffi Graf e Andre Agassi abbracciati a letto (Is there any greater journey than love?), Sophia e Francis Ford Coppola fotografati nella campagna argentina (In ogni storia c’è un meraviglioso viaggio), Keith Richards dei Rolling Stones (Some journeys cannot be put into words), Mikhail Gorbačëv seduto in una limousine che passa davanti a quel che resta del muro di Berlino (A journey brings us face to face with ourserlves), Sean Connery sulla spiaggia vicino alla sua casa alle Bahamas (There are journeys that turn into legends). Nello scatto a cui mi riferisco, Annie Leibovitz ritrae tre astronauti: Jim Lovell, comandante dell’Apollo 13, Buzz Aldrin, il primo a mettere piede sulla Luna nel 1969, nell’ambito della missione Apollo 11, e Sally Ride, la prima donna ad andare nello spazio. I tre sono fuori da un’auto, Sally seduta sul cofano, Buzz e Jim in piedi con le portiere aperte, tutti con il corpo proteso e lo sguardo che corre al cielo.
La campagna, uscita in Luglio, è volutamente coincisa con il quarantesimo anniversario dal primo allunaggio, che si è festeggiato il 20 luglio. Questa volta si parla dunque di un Journey Beyond, suggellato dalla frase Some journeys change mankind forever.
Se c’è un argomento che mi ha sempre affascinato è l’astronomia. Credo che la ragione risieda nel fatto che studiare stelle, pianeti e galassie in modo scientifico consente di ridimensionare la nostra miope prospettiva terrena e di attribuire il giusto peso alle cose. In più di una circostanza mi è capitato di ritrovare la calma e la serenità chiedendomi che peso hanno le mie tribolazioni nell’economia dell’universo. Può forse il nostro dolore turbare il volo degli uccelli nel cielo o impedire alla luna di influenzare le maree? Il giorno e la notte non continuano forse ad alternarsi incuranti del fatto che una persona non ci sia più?
E inoltre siamo noi a trovare malinconico un tramonto o angosciante una tempesta. Le cose sono sempre solo cose.
Da queste riflessioni, il cielo stellato di Annie Leibovitz mi ha infine portato, con un volo pindarico, alla Critica della Ragion Pratica di Kant e al suo celebre aforisma
‘Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me’

Non ci sarà mai Annie Leibovitz a ritrarmi, ma in fondo io vivo proprio così, con sguardo e pensiero rivolti al cielo per continaure a camminare sulla terra.

louisvuittonjourneys.com

domenica 8 novembre 2009

La Storia Infinita

Per cent'anni, ospite amato, t'ho aspettato in questa casa. Poichè sei fin qui arrivato, che sia tu son ben persuasa. Per sfamarti e dissetarti tutto è stato apparecchiato. Se vorrai qui consolarti, tenerezza ho preparato e conforto alle tue pene. La tua strada non fu corta, quel che è stato non importa, come sei, così va bene.

Forse il fatto di non essere serena mi ha spinto ad una fuga dalla realtà a livello unicamente letterario, ma, quando due settimane fa mi sono imbattuta ne La Storia Infinita di Michael Ende, non ho saputo resistere e l'ho subito acquistata. Certo non si tratta della versione con copertina di seta color rubino cupo che riluccica mentre la rigiri qua e là, con due serpenti, uno chiaro e uno scuro, che si mordono la coda, nè con i fogli stampati in due colori diversi, come quella di Fra. E' una versione economica con la copertina rossa e un ovale con alcuni personaggi della storia. Ci sono Bastiano con il libro in mano, il signor Coriandoli, FiorDiLuna, Graogramàn, Donna Aiuola e, naturalmente, il Drago della Fortuna Fucùr, di cui Teo fa un'imitazione molto somigliante. ;-) Tutti conosciamo il titolo di questo romanzo soprattutto grazie alla trasposizione cinematografica del 1984. Allora avevo otto anni e ricordo che fu un compagno di classe che i genitori portarono al cinema nel fine settimana a parlarmene la prima volta. Io vidi il film in televisione solo tempo dopo. Ora che ho letto il libro, capisco perchè Michael Ende si oppose a che il suo nome comparisse nei titoli di testa del film. Senza scendere in particolari, possiamo dire che il film racconta solo i primi dodici capitoli dei ventisei totali e che in esso non viene dato spazio al delirio di onnipotenza di Bastiano alla ricerca della propria vera volontà, forse perchè non fu considerato un tema troppo adatto ad un film fantasy a target bambini. Ora, fin da bambina ho sempre letto molto e di tutto soprattutto con il fine di conoscere e imparare sempre qualcosa di nuovo sulla vita. Nel caso de la Storia Infinita mi ha interessato proprio il tema del tentativo di superare il nichilismo attraverso la fantasia, che è poi esattamente quello che ho cercato di fare io leggendo questo libro. Curioso, no? Comunque il problema del nichilismo rimane, perchè, Bastiano insegna, la volontà di superare il nichilismo con la fantasia rischia di sfociare nell'egotismo. :-( Ciò che vorrei per me in questo momento è tornare a guardare le cose come fossi un bambino, come Donna Aiuola nella Casa che Muta insegna a Bastiano. Vorrei tornare a sperare, a credere, ad avere fiducia, a donarmi senza paura. Vorrei superare il disincanto e smettere di sentirmi dura e arida come una pietra. Certo se avessi avuto delle esperienze diverse da quelle che ho vissuto, anche i miei pensieri e sentimenti sarebbero differenti. Non sono nata così, lo sono diventata. Ma come si fa a non sciogliersi di fronte ad un Minuscolino, una creaturina di membra finissime, avvolta in un vestitino variopinto, con in testa un cilindretto rosso, a cavallo di una lumaca, sul cui guscio scintilla una minuscola sella d'argento? Ma questa è un'altra storia e si dovrà raccontare un'altra volta.

www.michaelende.de